Anona
L’anona (Anona cherimola), autentico tesoro a cielo aperto custodito in provincia di Reggio Calabria da oltre due secoli, nella fascia costiera da Villa San Giovanni a Brancaleone, oriunda del Sud America, proviene dalla Spagna. Le varietà coltivate, su circa trenta ettari di terreno, sono Fino de Jete e Campa oltre alle varietà locali dette “deformi”. La pianta ha ramificazioni divaricate che le conferiscono un aspetto cespuglioso e fiori di colore bianco verdastro, dall’odore di ananas-fragola. Il frutto sembra un’enorme pigna ma dalla pelle liscia e vellutata e si manifesta all’esterno con areole, ognuna delle quali contiene un seme. L’anona, di colore verde chiaro, si raccoglie ad ottobre-novembre ancora acerba e si lascia maturare a temperatura ambiente. Particolarmente gustosa si consuma al naturale, tagliata a metà, quando il frutto è soffice e la polpa, dal colore bianco-crema, è burrosa, aromatica, dal sapore delicato. Si spruzza di limone o liquore e si mangia col cucchiaio, scartando i grossi semi. La squisitezza dei frutti a giusta maturazione è paragonabile ad un budino con una fragranza che richiama l’ananas, la banana, la fragola, il caco maturo, la papaia ed a volte anche la vaniglia.
Bergamotto
Il bergamotto (Citrus bergamia) in provincia di Reggio Calabria risale al XV-XVI sec. ed il primo “bergamotteto” è del 1750. L’origine è incerta ma i più ritengono che derivi da un incrocio tra arancio amaro e limetta ed il nome derivi dal turco Beg -armudi (Pera del Signore). Il bergamotto cresce esclusivamente nel tratto di costa che da Villa San Giovanni arriva e Gioiosa Jonica. Si coltivano tre varietà: Femminello, Castagnaro, Fantastico. Il frutto ha forma sferica, peso medio di 100gr, colore giallo alla maturazione e si raccoglie da novembre a marzo. L’”olio essenziale di bergamotto” è DOP (Denominazione di Origine Protetta), si ricava dall’abrasione della buccia: un tempo manualmente, poi con la “macchina calabrese” ed oggi con sistemi moderni in continuo. L’essenza si usa per fissare ed armonizzare il bouquet aromatico dei profumi grazie a più di 300 sostanze chimiche che lo compongono. L’essenza è impiegata nelle industrie farmaceutica, alimentare, dolciaria, nella tradizione gastronomica locale per conferire un tocco di classe ed un sapore unico alle preparazioni
Clementine
Il Clementine è un incrocio tra arancio amaro e mandarino. Proveniente dall’Algeria (il nome è in onore di Padre Clemente di Misserghin, nel cui orto fu trovato e dove probabilmente fu selezionato) si coltiva in Italia dagli anni ’30. In provincia di Reggio Calabria si produce nella Piana di Gioia Tauro-Rosarno e nella Locride. E’ un prodotto tipico calabrese, essendo IGP (Indicazione Geografica Protetta) e viene tutelato dal “Consorzio per la tutela del Clementine di Calabria IGP”. Il frutto si raccoglie da ottobre a febbraio a seconda delle varietà: Comune, Spinoso, SRA, Corsica, Hernandina, Rubino, Caffin ed altre. Il Clementine è pressoché apirene ovvero senza semi (o ne ha pochi), è ricco di vitamine, aromatico e molto dolce, è facile da sbucciare essendo l’epicarpo liscio e molto sottile.
Ficodindia
Il ficodindia (Opuntia ficus indica) è pressocchè onnipresente in Calabria, soprattutto nelle aree esposte a sud e caldo-aride. E’ una cactacea diffusa nelle aree marginali, raramente coltivata e spesso utilizzata come recinzione naturale. Il cladodi (o “pale”) ovvero le foglie carnose e ricche di aculei, a volte vengono interrate per fornire acqua al terreno, date in pasto agli animali da allevamento e un tempo anche mangiate fresche o in salamoia. I frutti possono essere di colore giallo-arancio (varietà “sulfanina”), rosso porpora (varietà “sanguigna”), bianchi (varietà “muscaredda”) e si raccolgono da agosto a settembre (“agostani”) oppure fino a dicembre se tardivi (“bastardoni”) quando derivanti da una seconda fioritura. Ricchi di pigmenti, i frutti sono molto apprezzati per il loro sapore dolce e vengono consumati subito dopo la raccolta e la “spinatura” o meglio ancora gustati freddi. Spesso vengono utilizzati per ottenere granite, marmellate, dolci, oppure per la produzione di liquori o infusi al ficodindia.
Kiwi
Il Kiwi (Actinidia chinensis) è una peculiarità della Piana di Rosarno e di Gioia Tauro. Di origine cinese, trova all’inizio del secolo una nuova patria in Nuova Zelanda (da cui il nome: il kiwi è l’uccello emblema del paese) che insieme all’Italia è tra i maggiori produttori mondiali. Rinomato per la sua qualità, quello calabrese è concorrenziale sia in Italia che all’estero. Il Kiwi viene coltivato in Calabria fin dagli anni ’80 soprattutto nella varietà Hyward. Da qualche anno anche i kiwi a popa gialla si sono grandemente diffusi. Oggi rappresenta un’importante risorsa dell’economia agricola provinciale e se ne sta intraprendendo la coltivazione anche in altre province. Di forma ovoidale, si raccoglie da ottobre in poi e si presenta con buccia ricca di setole e di colore marrone, mentre la polpa di colore verde brillante è profumata, dolce ed aromatica. Il frutto è ricchissimo di zuccheri, vitamina C ed E e presenta i sentori di banana, fragola, ananas quando è a maturazione perfetta.
Piparella
La “Piparella” è un prodotto dolciario tradizionale al miele e mandorle (a volte con spezie o scorza di agrumi) le cui peculiarità, a distanza di decenni, sono tali da essere legate storicamente al nome di Villa San Giovanni. Essa potrebbe essere assimilabile, in linea di massima, al “cantuccio toscano” ma molto più scuro e sottile; si abbina infatti perfettamente ai vini passiti come il Greco di Bianco DOC o lo Zibibbo. Rispetto all’omologo prodotto siciliano, si caratterizza per il “taglio”: l’impasto di forma cilindrica (filone) e schiacciato alla base, viene tagliato in maniera sottile a metà cottura. Per cui dopo la cottura definitiva in forno, ogni singola Piparella avrà uno spessore di pochi millimetri che non supera il mezzo centimetro, rendendolo un dolce delicato e croccante al punto giusto.
Struncatura
La struncatura è un tipo di pasta realizzata con farina integrale che viene prodotta artigianalmente nella provincia reggina, in particolare nella Piana di Gioia Tauro. Questa pasta si faceva in casa utilizzando le “scopature” di magazzino, cioè raccogliendo da terra i residui misti di farina e crusca che rimanevano durante la molitura del grano e si presentava di colore scuro. Era la pasta dei poveri e “dei cavalli” e pertanto venduta a prezzi bassi. Tramandata da generazioni, oggi si prepara con farina di carruba mista ad altre e, come allora, ha la forma delle linguine, la lunghezza di 40 cm circa, il colore scuro tipico della crusca, odore rustico, intenso e sapore deciso. La si trova nei negozietti reggini e la si può gustare in alcuni ristoranti caratteristici in cui l’abilità sta proprio nella cottura e nel condimento: olio di oliva, aglio, finocchietto selvatico, acciughe, peperoncino, olive nere, il tutto spolverato con formaggio e mollica di pane raffermo precedentemente tostata in padella.
Torrone artigianale
Bagnara Calabra la storia del torrone artigianale, che veniva prodotto solo con nocciole tostate e bagnate con glassa di zucchero, si perde nella notte dei tempi. Nel rispetto della tradizione più antica con la costante ricerca creativa per il torrone, ancora oggi, si utilizzano solo materie prime selezionate e di qualità: mandorle tostate al momento, pistacchi, miele grezzo di zagara, zucchero, albume d’uovo. Nei laboratori, oggi come un tempo, regnano le donne che, con artistica manualità, grazie ad un lavoro certosino che rievoca scene di altri tempi, il torrone artigianale viene gustato in tutto il mondo. Diverse le varietà: croccante, morbido, ostiato. Svariati i gusti di questa dolce bontà: bergamotto, cedro, liquirizia, limone, cannella, cioccolato, vaniglia, caffè, gianduia. Il torrone nella versione “Martiniana” e “Torrefatto glassato” si fregia del marchio IGP “Torrone di Bagnara”.
Zibibbo
Uva bianca (Moscato d’Alessandria) caratteristica dei secolari terrazzamenti vitati della Costa Viola tra Scilla e Bagnara in provincia di Reggio Calabria, lo Zibibbo in questa zona viene ricordata anche dagli antichi viaggiatori del “Grand tour” a cavallo tra il ‘700 e l’800. Lo Zibibbo è una varietà di uva a maturazione media, introdotta dai musulmani in Sicilia nel IX secolo e probabilmente proveniente da Capo Zebib, nell’odierna Tunisia, dalla quale rapidamente si diffuse in tutto il vecchio mondo viticolo occidentale. Il grappolo di forma tronco-conica arriva anche ad 1 Kg in peso. Gli acini con due o più vinaccioli piuttosto grossi presentano una polpa croccante, dolce e molto aromatica ed una buccia dura, consistente, pruinosa di color giallo verdastro o giallo dorato, che esposta al sole tende a macchiarsi di grigio-ruggine. I frutti rimangono sulla pianta fino ad ottobre. Si ottiene anche un raro e prelibato vino passito prodotto in proprio ed in piccole quantità dagli agricoltori. Grazie ad un progetto di ricerca triennale di microvinificazione, si è riusciti a modificare e ad ottenere la classificazione dello zibibbo in Calabria da uva da tavola ad uva da vino, al fine di poterne consentire la vinificazione e l’imbottigliamento a tutti gli effetti così come avviene in Sicilia.